Eureka!

Aprendo il blog ho letto l'ultimo messaggio lasciato da me alcune settimane fa e, neanche a dirlo, mi appresto oggi a scrivere il presente messaggio nel primo giorno in cui abbiamo la linea in casa. Dopo oltre sessanta giorni...! Alla faccia della tecnologia avanzata!
Ora finalmente non devo dipendere da altri per l'accesso alla rete. Da quello che Daniel mi racconta, in Brasile se la compagnia telefonica non è in grado di fornire il servizio entro sette giorni dalla richiesta del cliente, l'autorità garante dei consumatori sanziona la compagnia. Sembra fantascienza...

Un paio di giorni fa Daniel è entrato nella sala canticchiando "La locomotiva" di Guccini, cogliendomi di sopresa, perché non pensavo a lui piacesse questo cantautore e di rado ascoltiamo brani di cantautori italiani in casa. Mi ha fatto piacere, mi ha toccato nel mio intimo, soprattutto perché Dan ritiene il testo sia molto bello.
Tutto ciò mi ha portato alla mente il racconto che qualcuno, forse Cecio, mi aveva fatto anni fa, secondo cui era possibile, almeno in passato, incotrare Guccini cantando nelle cantine e nelle osterie bolognesi con altri avventori. Di Bologna ho sempre avuto un'immagine che, nella realtà delle mie visite, è stata contraddetta: una città dove la creatività degli studenti e la passione politica di molti suoi cittadini si univano per dare vita un contesto vivace, ricco culturalmente, ma allo stesso tempo semplice, popolare. Sinceramente all'atto pratico questa immagine è svanita, particolamente durante la mia prima visita, una dozzina di anni fa, con Steve. Ricordo l'aria da città "pulita", borghese, "milanese" come commentammo allora tra noi, mentre passavamo di fronte ad un gruppo di adolescenti ben vestiti fuori da un ristorante fast food. E a quel tempo Guazzaloca non era stato ancora eletto, la Sinistra locale e nazionale non avevano ricevuto quella forte batosta che li colse un giorno di giugno del '99... Mi sono sempre chiesto se avessimo avuto un'impressione errata durante quella nostra gita di un giorno, o se fosse errata la mia fantasia sulla città.
Quel giorno ritornai a Torino con l'idea di vivere in un città speciale, che ancora non aveva subito quella normalizzazione di locali alla moda, tutti uguali tra loro, di false antiche vinerie, di eventi culturali da prima serata su una rete televisiva, con grandi nomi e poca creatività. Per un po' saremmo stati salvi.

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